Articolo scritto dalla contributor AV
Di recente apertura, Spore ha fin da subito catturato la mia attenzione in quanto offre una cucina moderna con ingredienti fermentati e vini naturali, una proposta innovativa ed ancora abbastanza inesplorata nel panorama milanese. A un mese dall’inizio della sua attività, ho quindi deciso di varcare le porte di questo ristorante in Via Passo Buole, 4 (zona Lodi tibb) avvicinandomi ad una tecnica, quella della fermentazione, che poco conosco.
Ne sono uscita arricchita: ho assaporato gusti che non pensavo poter essere associati a determinati alimenti e ho ampliato le mie conoscenze grazie a Giacomo Venturoli che, da gentile padrone di casa, insieme al personale in sala, ha risposto alle mie curiosità. Inoltre mi sono resa conto che il dualismo Scandinavia – Asia, regioni dalle quali la cucina di Spore prende spunto, funziona molto bene.
Nei piatti proposti si trovano ingredienti fermentati orientali, come il kimchi e il koji, con una onnipresente punta di acidità scandinava. Infine le influenze nordiche sono visibili nell’idea di condivisione delle portate e nell’arredamento del locale.
Spore: una location dal design scandinavo e industrial
A pochi passi dalla metro, il locale si affaccia su una via laterale di Corso Lodi. Il ristorante conta due sale, non particolarmente grandi, e un cortile esterno, molto suggestivo. Design scandinavo ed industriale sono stati mescolati nella ristrutturazione del locale. Si intravedono scorci di muri nelle pareti grigie mentre le tubature in acciaio, a vista, sono parzialmente celate da mantovane rosa che creano un effetto vedo – non vedo. Il concetto “less is more” dello stile nordico si traduce in un arredamento lineare che conferisce all’ambiente un’eleganza informale, grazie anche alle tinte tenui che colorano il locale.
Nella prima sala, oltre che ai tavoli, si può cenare su due bellissimi banconi di legno chiaro, dopo essersi accomodati su slanciati sgabelli verde scuro. Dato che la cucina è un tutt’uno con questa prima stanza, il bancone a destra dell’entrata permette di osservare la chef, Mariasole Cuomo, “danzare” tra i fornelli. Sparsi qui e là sono presenti manuali sulla fermentazione mentre le bottiglie di vino sono ordinate su scaffali, in bella vista. Dal soffitto si allungano verticalmente lampadari cilindrici che colpiscono, con la loro luce bianca ed accesa, una mise en place altrettanto essenziale: piattino grigio, tumbler e calice, tovagliolo bianco, cucchiaio di legno ed una coppia di bacchette in acciaio. Queste ultime, forse, ricordano l’incontro Scandinavia – Asia e ne suggellano il legame.
Spore a Milano: menù e prezzi
Il menù del ristorante è fisso, cambia settimanalmente e, per chi avesse allergie o intolleranze alimentari, viene adattato in base alle esigenze. Le portate sono servite in deliziosi piatti da disporre a centro tavola in quanto la parola d’ordine è condivisione.
La mia degustazione è iniziata con un calice di malvasia “N° 5”, gentilmente offerto come benvenuto. Si tratta di un vino molto fruttato e profumato di Podere Cipolla, fresco al palato, che mi è particolarmente piaciuto.
Successivamente sono stati serviti un soffice pan brioche, accompagnato da panna acida e sesamo fermentato, un relish di verdure fermentate, lime ed erbe, da raccogliere con chicharrón (chips di cotenna di maiale fritta), ed infine della pancetta alle cinque spezie su un letto di cetrioli, abbrustoliti e fermentati. I tre assaggi sono arrivati in tavola in contemporanea in quanto non esiste un ordine predefinito per le portate: lo spirito è lasciarsi guidare dai sapori. La dolcezza del pan brioche era controbilanciata dalla panna acida; il piccante della pancetta fatta in casa contribuiva ad insaporire il cetriolo.
Il piatto più originale che ho provato è stato sicuramente la pannocchia yakitori, avvolta da maionese e preparata con arachidi sbriciolate e coriandolo. Si tratta di un piatto dove l’agrodolce trionfa grazie alla salsa sriracha che, in questo ristorante, viene insaporita con pesche, capaci di lasciare un gradevolissimo retrogusto dolciastro e fresco in bocca. Consiglio di dosare la salsa con parsimonia in quanto resta molto piccante!
La cena è proseguita con un nuovo calice di vino che mi ha trasportata in Abruzzo, tra i monti Morrone e Majella. Il trebbiano Mormaj si abbinava divinamente ai tagliolini freddi giunti in tavola. Il gusto deciso del pomodoro fermentato ben si coniuga con il sapore delicato delle cozze, marinate con il peperone, e non lascia che ad imporsi sia l’aglio orsino, i cui frutti vengono raccolti e trattati sotto sale ed aceto, come i famosi capperi di Pantelleria. Un primo assolutamente estivo dove i singoli ingredienti si legano perfettamente creando un mix esplosivo.
La bontà dei tagliolini freddi mi ha spinto ad ordinare anche quelli presenti nella carta. Realizzati con un impasto di té matcha e grano saraceno, che li rende più ruvidi al palato, questi ultimi sono conditi con burro e kimchi. Più cremosi e sapidi dei precedenti, mi sono divertita ad aggiungere alla porzione l’uovo marinato in salsa di soia.
L’ultima portata del menù degustazione era un capocollo frollato nel koji accompagnato da verdure fermentate ed erbette. La carne era cotta alla perfezione e molto gradevole risultava la salsa di accompagnamento, una riduzione di koji latto-fermentato.
Al termine della cena, non poteva mancare il dessert, una torta al vapore con burro bruno, zabaione e susine fermentate. Di una leggerezza unica, è servita scomposta, nel cestello dei dim sum. Le susine, a pezzi, donano una nota acidula al dolce che risulta particolarmente goloso: ogni morso ne tira un altro.
La degustazione, comprensiva di 6 portate, acqua e coperto, ha un prezzo di 40 Euro a persona. Al menù fisso è possibile aggiungere dei piatti extra, indicati sulla carta, al costo di 13/14 Euro a portata. I dolci, anche loro a parte, si aggirano intorno ai 7/8 Euro. In generale, considerando l’aggiunta di un dessert ed una bottiglia di vino, si arriva a spendere, per una cena, 55/60 Euro, un prezzo davvero ottimo considerando la qualità delle singole portate e la lavorazione dietro ai vari ingredienti che le compongono.
Recensione finale di Spore a Milano
Oltre all’interessante menù e all’eccellente rapporto qualità-prezzo, l’esperienza da Spore mi è piaciuta particolarmente per l’energia che scorre in questo ambiente giovane e dinamico. La sensazione che ho avuto è quella di entrare in un micro mondo dove tutto si muove velocemente, sia tra i fornelli che in sala, senza tralasciare la qualità, a partire dalla scelta dei piccoli produttori con cui collaborare. Me ne sono andata con la promessa di tornare presto e con l’entusiasmo di poter portarmi a casa, fin dalla prossima visita, i prodotti creati nel loro laboratorio.
Spore
Via Passo Buole 4 (metro: M3 Lodi Tibb, bus 65, 77, 90, 91, 92)
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Articolo scritto dalla contributor AV
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